martedì 1 luglio 2014

Spreco alimentare e standard di qualità ed igienico sanitari



Carlo Cantoni Libero Docente Ispezione Alimenti O.A. , Milano
Stefano Ibba Medico Veterinario, Milano

Secondo la FAO (1981) si considera spreco di cibo la parte di tutti i prodotti commestibili destinati al consumo umano che è gettata via all’interno della filiera del valore aggiunto, va persa, si deteriora o è mangiata da parassiti.
In questa definizione sono compresi i cosiddetti rifiuti alimentari ossia ogni sostanza commestibile cruda o cotta che viene scartata o si intende scartare o è necessario scartare.
Nel 1975 la Commissione Europea diede la definizione legale di  rifiuti, valida negli Stati appartenenti all’Unione ”ogni sostanza od oggetto per il quale il proprietario elimina,o è costretto ad eliminare come previsto dalle leggi in vigore”.
Questa Direttiva (75/442)EEC fu emanata nel 1991 (91/150)con l’aggiunta delle categorie di rifiuti tra i quali sono compresi gli alimenti con data di scadenza superata.
Il 30 novembre 2011 in seguito alla relazione della Commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale su come evitare lo spreco alimentare nella UE (2011/2175-INI) è stata pubblicata una proposta di risoluzione del Parlamento Europeo la quale, insieme ai pareri delle Commissioni ambiente-sanità pubblica-sicurezza alimentare, e mercato interno-protezione consumatori, definisce ”spreco alimentare l’insieme dei prodotti alimentari scartati dalla catena agroalimentari per ragioni economiche od estetiche o per prossimità della scadenza per il consumo, ma ancora perfettamente commestibili e potenzialmente destinabili al consumo umano e che, in assenza di un possibile uso alternativo, sono destinati ad essere smaltiti producendo esternalità negative dal punto di vista ambientale, costi economici e mancati guadagni per le imprese”-
Il 5 giugno 2013 il Papa Francesco in occasione della quarantunesima “Giornata sulla Terra” ha parlato di ambienti e di sprechi. Nell’udienza generale ha ricordato che la donna e l’uomo sono stati posti nel Giardino perché lo coltivassero e custodissero, come si legge nel secondo capitolo della Genesi, e ci ha invitato a chiederci che cosa significa coltivare e custodire: trarre dalle risorse del pianeta i beni necessari,con responsabilità, per trasformare il mondo in modo che sia abitabile per tutti, parole che già aveva usate da Paolo VI nell’enciclica “ Populorum progressio” nel 1967.
Papa Francesco ha detto che non è possibile custodire la Terra se, non solo le sue risorse, ma addirittura le donne e gli uomini “sono sacrificati agli idoli del profitto e del consumo”, alla”cultura dello scarto”.
Le ricchezze della creazione non sono di una persona,o di una impresa economica, o di un singolo paese,ma sono”doni gratuiti di cui avere cura” destinati ad alleviare soprattutto ”la povertà, i bisogni, i drammi di tante persone”. Il dramma più grave consiste nel fatto che un miliardo di persone manca di cibo sufficiente, in ogni parte di un mondo dominato dallo scarto, dallo spreco e dalla distruzione di alimenti.

Le cause degli sprechi nel ciclo distribuzione-consumo.

1)Cause che attengono alla coltivazione e al raccolto.
A)Paesi emergenti: Agricoltura su scala ridotta; Competenze tecniche, finanziaria e manageriali limitate; Raccolti prematuri dovuti alla necessità urgente di cibo o di realizzare i relativi proventi economici; Pratiche di raccolto spesso inefficienti o arretrate; Inadeguate dotazioni infrastrutturali.
B)Paesi sviluppati:Offerta superiore alla domanda; Standard qualitativi (estetici); Standard igienico-sanitari.

2)Cause che derivano dalla trasformazione industriale
Malfunzionamenti tecnici; Inefficienza nei processi produttivi (più spesso nei paesi emergenti).

3)Cause  legate alla distribuzione
Limiti della tecnologia impiegata per la conservazione dei prodotti,in particolare di quelli freschi; Danni ai prodotti in fase di trasporto e stoccaggio; Scorrette procedure di rotazione delle derrate; Accordi tra fornitori e distributori; Standard estetici di vendita; Strategia di marketing.

4)Cause connesse al consumo finale
Interpretazione data sull’etichetta; Scarsa o errata pianificazione degli acquisti; Inadeguata conservazione dell’alimento; Scarsa consapevolezza dell’entità degli sprechi.
Indicazioni della data di scadenza
Il superamento della data di scadenza e della durata di conservazione è considerato una causa importante dello spreco di cibo a livello di commercio al dettaglio e di economia domestica. La durata della vita commerciale dei prodotti alimentari è stabilita dal produttore ed è esplicitata con due definizioni: TMC e data di scadenza..
La definizione del TMC (o termine minimo di conservazione) indica la data fino alla quale il prodotto conserva le sue carattere specifiche in adeguate condizioni di conservazione, specificate eventualmente in etichetta. La dicitura da usare ”da consumarsi preferibilmente entro (giorno,mese e anno) oppure da consumare preferibilmente entro la fine di..(anno,o mese ed anni)”.
La data di scadenza sostituisce il  TMC nei prodotti confezionati rapidamente deperibili dal punto di vista microbiologico e che possono costituire dopo breve tempo,un pericolo per la salute umana(eventualità de tutto teorica ma creduta possibile). Per questi alimenti la dicitura da usarsi è”da consumarsi entro” e comprende, nell’ordine e in forma chiara, il giorno, il mese ed eventualmente  anche l’anno. Comporta l’enunciazione chiara delle condizioni di conservazione e ,qualora prescritto,un riferimento alla temperatura in funzione della quale è stato determinato il periodo di validità. E’ vietata la vendita dei prodotti che riportano la data di scadenza a partire dal giorno successivo a quello indicato sulla confezione.
Interventi per utilizzare alimenti in fase di scadenza

Con il fine di raccogliere e recuperare le eccedenze alimentari della produzione agricola e industriale e della loro redistribuzione a strutture caritative sparse sul territorio che svolgono attività assistenziale verso le persone più indigenti operano diversi enti e fondazioni come il Banco alimentare, il Last Minute Market, il Comune di Torino, il Pane quotidiano, I brutti ma buoni, Il buono che Avanza, l’Opera San Francesco ed altri ancora.
Il Banco alimentare ha iniziato la sua attività in Italia nel 1989 per iniziativa di Don Giussani,fondatore ed ideologo del movimento Comunione e Liberazione,e del Cav.Danile Fossati all’epoca patron dell’azienda alimentare Star. La fondazione onlus è affiliata alla Federazione Europea dei Banchi Alimentari (FEBA) e alla Compagnia delle Opere. La prima fondazione, o Food Bank, si forma agli inizi degli anni ’60 a Phoenix,in Arizona, con il nome di St Mary’s ,Food Bank,quando John Van Hengel comincia a distribuire ai bisognosi il cibo altrimenti sprecato da negozi e ristoranti. Attualmente in Italia sono attivi 21 Banchi alimentari. Basato sul concetto di dono e condivisione, l’attività del Banco alimentare di cui esistono esperienze analoghe in tutta Europa e Stati Uniti-si estrinseca nella raccolta-che avviene tramite l’AGEA, la speciale Agenzia per le erogazioni in agricoltura delle eccedenze di produzione agricola e industriale (specificatamente pasta,riso,olio d’oliva e latte). Tali eccedenze vengono poi redistribuite ai centri caritativi.

LAST MINUTE MARKET (Mercato all’ultimo  minuto). E’ una società spin off dell’Università di Bologna, nata nel 1998 sotto la supervisione di Andrea Segrè , e nel 2003 è diventata una realtà imprenditoriale su tutto il territorio nazionale con progetto volto al recupero di beni invenduti (o non commercializzabili) a favore di enti caritativi.
PANE QUOTIDIANO (sorella,fratello…qui nessuno ti domanda chi sei,né perché ne hai bisogno,ne quali sono le tue opinioni...). Inizia la sua attività  a Milano nel 1898 su iniziativa di Edoardo Banfi e di importanti cittadini milanesi, uniti dall’obbiettivo di assicurare ogni giorno e gratuitamente – a partire dalla classica”michetta”- cibo alle fasce povere della popolazione. E’una istituzione laica iscritta del 1908 all’IPAB.
OPERA SAN FRANCESCO PER I POVERI:Fu fondata nel 1959 dai Fratelli Capuccini di viale Piave in Milano. Offre assistenza gratuitamente ed accoglienza. Oltre a soddisfare ai bisogni primari e reali a persone in gravi difficoltà offre ascolto e protezione in virtù del fatto che fare del bene è il miglior modo per sentirsi bene.

Aspetti legislativi.
La legge n.155 del 25 giugno 2003” ha disciplinato la distribuzione dei prodotti alimentari a fine di solidarietà sociale ed è conosciuta come legge del” buon Samaritano”. L’Italia è stato il primo paese europeo a dotarsi di una legislazione di questo tipo;la norma prende spunto da un provvedimento legislativo statunitense, il Good Samaritan Food Donation Act del 1996, che favorisce la donazione di beni alimentari e specificatamente permette agli enti senza scopo di lucro di rifornire con facilità le mense per indigenti. Nella sua formulazione è composta da un solo articolo e comma.
“Le organizzazioni riconosciute come organizzazioni non lucrative di utilità sociale, ai sensi dell’art. 10 del decreto legislativo 4 dicembre 1997 n.460 e successive modificazioni, che effettuano, ai fini di beneficenza, distribuzione gratuita agli indigenti di prodotti alimentari, sono equiparate, nei limiti del servizio prestato, ai consumatori finali, ai fini del corretto stato di conservazione, trasporto, deposito ed utilizzo”.I  soggetti che possono usufruire di detta normativa sono le organizzazioni di volontariato, le Onlus, le organizzazioni non governative, gli enti ecclesiastici e le associazioni di promozione sociale.
Con la legge n.155 aziende, mense scolastiche,ristoranti supermercati non sono più responsabili del corretto stato di conservazione del trasporto,del deposito e infine dell’utilizzo degli alimenti,ma le responsabilità sono trasferite alle organizzazioni di volontariato. La legge del buon samaritano quindi equipara le Onlus ai consumatori finali.

La data di scadenza e i cibi scaduti

Le infrazioni alla data di scadenza sono 

1)l’alterazione volontaria del TMC e della data di scadenza;

2)Il superamento del TMC della data di scadenza in prodotta ancora in commercio.

Nel primo caso l’ipotesi di reato à la truffa, nel secondo , le ammende ed il sequestro. Per evitare di incorrere in tali spiacevoli evenienze i produttori, cautelativamente, sono costretti ad indicare sulle confezioni date di scadenze dei loro inferiori alle reali.
La tematica del destino dei prodotti alimentari ”oltre la scadenza” è stata molto presente negli ultimi anni nelle campagne e nelle discussioni sullo spreco del cibo. Secondo Andrea Segrè ,preside della Facoltà di Agraria alla Università di Bologna, le date di scadenza sono poco più di un artificio.
Su incarico della Commissione UE Eurobarometro ha chiesto a 25.500 intervistati di diversi popoli europei ”se fosse sicuro consumare prodotti alimentari dopo la data di scadenza riportata in etichetta”. Hanno risposto si il 14 % dei Romeni, il 22% dei Bulgari, il 26% degli Ungheresi, il 27% degli Italiani, il 27 % dei Polacchi,il 29 % dei Greci,il 36% dei Portoghesi, il 42% degli Spagnoli, il 47 % degli Estoni,il 47% dei Danesi,il 50 % degli Sloveni, il 51 % dei Lettoni, il 65 % dei Tedeschi, il 69% dei Lussemburghesi,il 73 % di Olandesi e Belgi, il 74% dei Francesi, il 75 % dei Finlandesi, l’81% degli Svedesi. Il primo elemento che si evidenza è  quello economico: gli intervistati dei paesi che soffrono di più per le difficoltà economiche sono quelli meno propensi a consumare cibi scaduti, quelli più propensi in assoluto sono invece i consumatori dei paesi del Nord Europa con una migliore situazione economica. Quindi ad un maggiore benessere economico corrisponde una maggiore cultura, maggiore interesse per l’educazione ambientale e dunque una maggiore consapevolezza sugli sprechi alimentari,anche di quelli dettati dalle leggi. Anche il Governo Greco nella situazione economico devastante  a consentito la vendita di prodotti che hanno superato il “Tempo Minimo di conservazione”. Il provvedimento non determina pericoli per i consumatori in quanto riguarda solo i prodotti non altamente deperibili e con un termine minimo di conservazione non strettamente  legato alla salute umana. Inoltre è stato previsto un limite “oltre scadenza”: la merce con giorno e mese di scadenza può rimanere in vendita per una settimana dopo la data stampata sulla confezione, quella con mese ed anno per un mese,mentre quella con un anno può rimanere negli scaffali per altri tre mesi. Tutto ciò conferma quanto ritenuto sull’argomento e da tanti altri come evidenziato dall’inchiesta citata.

Valutazione corretta della vita commerciale degli alimenti

Per molti alimenti  la data di scadenza è basata su valutazioni personali empiriche con la conseguente presenza nel mercato di prodotti simili con scadenze diverse ed,in genere, inferiori alla loro scadenza naturale. In molti altri la scadenza è valutata con prove idonee a valutarla con maggiore precisione. Secondo Porretta  (2010) si può intendere come shelf life, o vita commerciale di un alimento, in determinate condizioni di conservazione, il tempo limite entro il quale il progredire di singoli eventi reattivi determini modificazioni impercettibili, o comunque ancora accettabili, sul piano della sicurezza d’impiego.
La deperibilità è misurabile quando gli agenti responsabili,o i loro effetti, possono essere quantificati ed espressi in funzione del tempo. Nel corso della loro conservazione e distribuzione gli alimenti sono esposti a un elevato numero di fattori in grado di modificare le loro proprietà intrinseche; l’ossigeno, la luce, l’umidità sono solo alcuni di questi capaci di innestare reazioni di tipo degradativo tali da rendere inaccettabili dal consumatore i prodotti, e in casi più gravi (sebbene rari, n.p.)renderli  pericolosi.
Una delle pratiche più impiegate per lo studio della shelf life è quella di seguire nel tempo i cambiamenti di alcune caratteristiche qualitative (Marker).

Nella tabella n.1 seguente sono riportati i singoli alimenti ed i rispettivi indici (marker) di qualità.

Tab.1 Alimenti e indici di qualità
Cereali: comparsa visibile di muffa; oppure tempo necessario per la perdita di germibilità.
Frumento: sviluppo di anidride carbonica.
Farine: riduzione di valenza del pane ottenuto.
Cereali per l’infanzia : perdita vitamina C. 
Frumento, grano avena: produzione di esanale.
Cereali: tempo necessario per raggiungere l’umidità limite.
Snack fritti: tempo per raggiungere un punteggio negativo all’esame sensoriale.
Cereali secchi:  giorni per sviluppare la rancidità
Chips: Rancidità.
Noci con guscio o senza: rancidità
Pollame:1) crescita batterica.2) perdita ATP; 3) demolizione glicogeno,4)perdita ac.linolenico: 5) formazione di ipoxantina
Carne di maiale,vitello manzo; 1) odore:2) colore:3) conta batterica.
Carne di pesce:formazione di sostanze volatili.
Latte pastorizzato omogeneizzato: 1) conta batterica psicrotrofi; 2) tests sensoriali.
Polvere di latte magro: perdita valore proteico e perdita di lisina.
Latte condensato dolce: perdita di tiamina
Uova disidratate: e uova strapazzate:perdita di vitamina A.
Margarine:perdite di vitamina A.
Vegetali surgelati:perdita vitamina C.
Frutta surgelata: 1) Perdita clorofilla; 2)perdita vitamina C; 3) stabilità del ngusto; 4) stabilità dell’aroma.
Vegetali inscatolati: 1) perdita vitamina C; 2) perdita tiamina; 3) perdita riboflavina; 4) perdita carotene.
Conserve di pomodoro (concentrati) formazione di idrossimetilfurfurale (HMF)
Frutta inscatolata: perdita di tiamina e di vitamina C,

Rispetto a questi sistemi il metodo migliore per valutare con esattezza la vita commerciale di un prodotto alimentare resta comunque la valutazione tramite l’analisi sensoriale. Questa è una disciplina scientifica che consiste nella valutazione delle caratteristiche di un prodotto (di qualsiasi natura esso sia) attraverso gli organi di senso (vista,udito,olfatto gusto e il tatto). L’unico inconveniente limitante la determinazione della data di scadenza è dovuto al suo costo che ostacola la sua esecuzione.

Conclusioni.
Secondo i dati di uno studio della Commissione UE( 2011) la produzione di rifiuti alimentari nei 27  Stati membri assomma circa 80 milioni di tonnellate annue, ossia 179 kg pro capite, con un’elevata variabilità fra i singoli paesi e vari settori, senza contare gli sprechi a livello di produzione agricola o le catture di pesce rigettate in mare. In Italia ogni anno si gettano 8,7 miliardi di euro e lo spreco settimanale per famiglia è di circa di 213 g di cibo per un costo di 7,06 euro per settimana (Rapporto Wast Watcher 2013 sullo spreco alimentare). Tutto ciò dimostra la necessità di intervenire a ridurre gli sprechi in quanto ciò che finora di fa in proposito è insufficiente come il Parlamento europeo ha sottolineato con la risoluzione del 19 gennaio 2012 dedicata a come risolvere lo spreco di alimenti indicando le strategie per migliorare la catena alimentare nella Ue (2011/2175 (INI).