Carlo Cantoni, libero docente in Ispezione degli alimenti di Origine Animale, Milano
VIRUS: Generalità
I virus sono elementi genetici
mobili in quanto trasportano all’interno di un involucro proteico detto
capside, una molecola di acido nucleico DNA O RNA, che pervenuta nella cellula
ospite ne riprogramma e gestisce gli enzimi coinvolti nei processi
trascrizionali e trasduzionali per produrre un gran numero di nuovi virus
rilasciati poi all’esterno. Essi hanno piccole dimensioni comprese tra 20 e 400
nm. Essi hanno un tropismo specifico per un particolare ospite nelle cui
cellule si moltiplicano contaminando le carni poi utilizzate per la
trasformazione in prodotti derivati. In molti Di questi vengono inattivati
durante la stagionatura, Ogni virus presenta una forma extracellulare
metabolicamente inerte, detta virione, che è responsabile del riconoscimento
della cellula ospite nella quale inietta l’acido nucleico dando inizio alla
fase intracellulare del suo ciclo vitale che coincide con il processo infettivo
vero e proprio.
I. Classificazioni dei virus.
La
classificazione dei virus inizia a
livello di ordine, precisamente: -Ordine (suffisso-virales) -Famiglia
(suffisso-vjridae) -Sottofamiglia (suffisso-virinae) -Genere (suffisso-virus)
-Specie,
Una
classificazione basata sugli acidi nucleici è quella proposta da Baltimore
(1971) che individua dei virus in 7 classi: Classe I: Virus a DNA a doppio
filamento; Classe II: Virus a DNA a
singolo filamento; Classe III: Virus a RNA a doppio filamento; Classe IV: virus
a RNA a filamento singolo Classe V: Virus a RNA a singolo filamento in senso
negativo; Classe VI: Virus a RNA a singolo filamento con intermedio DNA; Classe VII: Virus a RNA a
doppio filamento con intermedio RNA; Un altro schema di identificazione usato è
lo LHT basato sulle caratteristiche chimico fisiche dei virus nei quali il tipo
di acido nucleico (DNA o RNA) la simmetria (elicoidale o elicosaedrica, o
complessa). La presenza di involucro, in
diametro del capside, il numero dei capsomeri.
Virus: loro sopravvivenza in carni suine e prodotti derivati.
Nelle
carni di suino la presenza di virus patogeni per questi animali e per l’essere
umano è sempre possibile. Per garantire
la sicurezza alimentare di carni con
virus è opportuno conoscere i tempi di loro sopravvivenza in questi alimenti Su
questo problema sono state effettuate numerose ricerche delle quali, in questo
testo, si riportano i dati riportati da Farez & Coll. (1997) completati,
inoltre, dalla descrizione del virus patogeno per il suino e per l’essere numano responsabile di
epatite. Poiché’ molti virus derivano dall’ambiente esterno si premettono indicazioni in proposito.
-Resistenza di virus nell’ambiente.
I virus patogeni e non patogeni ,ovviamente, devono essere in grado di sopravvivere nell’ambiente esterno. I
fattori influenzanti la loro sopravvivenza includono la temperatura, il pH,
l’umidità, la luce solare e ultravioletta, certi ioni inorganici Differenti
virus anche nell’ambito delle stesse famiglie variano nella loro resistenza ai
fattori citati. La resistenza allo stress ambientale dipende dal tipo di acido
nucleico del virus, dalla struttura delle proteine formanti l’involucro capsidico e l’involucro
lipidico se presente. I virus a doppia catena
sono più resistenti alla inattivazione degli UV rispetto ai virus con RNA a
catena singola. I virus con envelope lipidico sono generalmente meno resistenti
alle condizioni avverse. La maggior parte dei virus enterici sono probabilmente
in grado di sopravvivere per settimane e
mesi nell’ambiente esterno alle temperature ambientali e, forse, per anni a
asse temperature (Bosch & Coll.2004; & Coll.2004).Alcuni virus
aderiscono prontamente al materiale usato per confezionare gli alimenti, come
l’acciaio inossidabile, il rame, il politene il poliviilcloruro
(Kucovica-Ibrulj (2004). Molti virus, come quello dell’epatite A rimangono
infettanti nei vari cibi per più di un anno. La sopravvivenza dei virus
nell’acqua, nel suolo, e negli aerosols e su varie superfici è di solito più
lunga alle basse temperature. I virus tollerano meno il calore e perdono
rapidamente l’attività alle temperature ambientali elevate quando presenti
sulle superfici, o nel suolo, o nell’acqua. La tolleranza all’acidità è
favorevole per i virus presenti negli alimenti perché li rendono capaci di
sopravvivere nel tratto gastrointestinale.
II Persistenza di virus suini patogeni nelle carni e nei
prodotti derivati
-Virus del’afta epizootica (Foot mouth disease)
L’agente causa della malattia e un coronavirus, genere Aphthovirus. La
sua presenza verificata nei prodotti
derivati è di: - 30 giorni in vari organi refrigerati come polmone, sangue,
intestino (Savi & Coll.1962) .- 24 ore in milza refrigerata, fegato, fegato
e reni (Savi & Coll.1962), -210
giorni in polmoni congelati, intestino, stomaco, lingua, rene, milza e fegato
(Savi & Coll.(1972), -170 giorni in
prosciutto di Parma (MeKercher & Coll. 1987) -182 giorni in prosciutto bianco serrano,-
168 giorni nel prosciutto iberico. - 112 giorni nel prosciutto di spalla
iberico,42 giorni nella lonza iberica (Mebus & Coll.1993) -190 giorni in bacon salato e 183 nel grasso
(Dhenin & Coll.1980.- 50 giorni nella salsiccia Dhenin &
Coll.1980) – 250 giorni nell’intestino
(McKercher & Coll.1978. – 7 giorni nei salami (Panina & Coll.1991), -10
giorni nella lingua e 1 giorno nel muscolo (Cottral & Coll.1969). Il virus
viene inattivato dalla temperatura di 69°C. African swine fever o Peste suina
africana.
L’agente causa dell’infezione
appartiene al genere Asfavirus, famiglia Asfaviride. E’ a doppio
filamento (DsDNA) ed è trasmesso da una zecca del genere Ornithodoros. La
persistenza del virus è di: - 104 giorni
nella carne congelata e refrigerata (Van Oirscho & Coll.1989). – 140 giorni
nel prosciutto iberico, 140 giorni nel prosciutti di spalla iberico,112 giorni
nella lonza suina iberica:- 40 giorni nel prosciutto bianco serrano (Melbus
& Coll.(1993). -399 giorni nel prosciutto di Parma (McKercher &
Coll.1980. – 30 giorni nel salame piccante (peperoni salami) (Herniman &
Coll.1973).- 30 giorni nel salame (McKercher & coll.1978) Il virus viene
inattivato alla temperatura di 69°C,
- Febbre classica del suino o Classical swine fever,o hog cholera) CSFV)
La malattia è provocata da virus del genere Pestivirus, famiglia Flaviviridae (
un solo sierotipo, tre genotipi
principali e 10 subtipi) E’ presente per:-4.5 anni nella carne congelata (Van
Oirschot & Coll.1977).- 1 mese in carne suina salata .- 2 mesi in midollo
osseo, di suino presene nella carne suina salata (Van Oirschot &
Coll..1989). -90 giorni nel salame (Savi & Coll.1962), -75 giorni nei salami italiani (Panina & Coll.1991),
- 90 giorni nel prosciutto (muscolo e grasso)(Savi & Coll.1962), - 70
giorni nella coppa, lardo e midollo spinale (Savi & Coll.1975).- 226 giorni
in fegato refrigerato a 0 -4°C e congelato a-6°C (CE,Bull.1975). – 225 giorni
nei prosciutti iberici.- 126 giorni nella lonza iberica (Mebus &
Coll.(1993). – 140 giorni nel prosciutto iberico bianco serrano(Sybesma &
Coll.1987.- 189 giorni nel prosciutto di Parma, (Mckerker & Coll.1987) -147 giorni in budelli trattati con acqua a
42°C per 30 minuti(Mckercher & Coll.1987).
-Inattivazione
termica del virus :pastorizzazione prosciutto inscatolato a 67°C, 71°C per 1
minuto,69° C per 15 minuti.
-Malattia. vescicolare
del suino (SVD) o swine vescicolar disease
L’agente della malattia è un virus a RNA monocatenario appartenente al
genere Enterovirus, famiglia Picornaviridae. Il virus sopravvive per; - 300
giorni nel prosciutto di Parma ( MacKercher & Coll.1985). -200 giorni sei
salami piccanti al peperone e nei budelli trattati (McKercher & Coll.1974).
– 400 giorni nel salame piccante al
peperone – 780 giorni in budelli
trattati (Graves & Coll.1975), -40 giorni nel salame piccante. -509 giorni
nel budello non trattato (Hedger & Coll.1989). – 28b giorni nella lonza
suina (Magar & Coll 1995). -112 giorni nel prosciutto di spalla iberico, -
560 giorni nel prosciutto iberico -530 giorni nel prosciutto bianco
serrano (Mebus & Coll.1993).
III Un virus zoonotico
Mentre quelli prima citati sono virus animali patogeni per il suino, l’agente
della epatite E contamina molte specie
animali e può infettare l’essere umano. Il virus è un RNA monocatenario a
polarità positiva, privo di envelope del genere Orthohepevirus nella famiglia
Hepeviridae.
La famiglia
Hepeviridae è divisa in due generi : l’Orthoepevirus che contiene HEVs che contamina infettando le
specie mammifere ed aviarie e Pescihepevirus che contiene EHVs che
infettano la trota O,clarkii.
Il genere Orthoepevirus è diviso in quattro differenti
subgeneri a seconda della specie animale contaminata. L’ Orthohepevirus A
raggrupa gli HEV di umani, suini,
cinghiali, cervo, manguste, cammello. L’Orthohepavirus B contiene l’HEV del
pollo: L’Othohepavirus C contiene gli HEVs di ratti, toporagno, furetto, e
visone L’Orthohepatovirus D contiene. HEV isolato dai pipstrelli. Entro il
genere Orthohepatovirus A vi sono sette differenti genotipi.HEV.1 e HEV-2 sono propri degli umani, mentre HAV-3
e HEV-4 sono zoonotici col suino come fonte, HEV- e HEV-6 sono stati isolati da cinghiali in Giappone e HEV-7 sono
isolati da dromedari in Dubai . Ceppi prototipi compresi tra HEV-! e HEV-4 sono
rispettivamente il Burmese, il Messicano, lo Statunitense e il Cinese,
Ciascun
genotipo è suddiviso in molti subgenotipi, dei quali il più importante è
l’HEV3a ,Il genotipo 1 si divide in 5
subtipi,il 2 in 2 subtipi,il 3 in 10 subtipi e il 4 in 7 subtipi.
HEV è stato isolato da numerose specie animali, come prima
specificato e anticorpi sono stati riscontrati in pecore, capre, bovini, cani e
asini. I suini sono comunque la fonte
principale dei genotipi capaci di infettare gli umani. La severità dell’infezione varia da epatite
subclinica a fulminante .I sintomi consistono in epatomegalia, febbre, debolezza
vomito e ittero. Le persone adulte e quelle anziane sono quelle più infettate, così come le donne
incinte. Vi sono differenze nella severità dell’infezione poco comprese, presunte
sul denotipo HEV., la quantità della carica infettante virale, le confezioni e
lo stato immunitario dell’ospite.HEV-3 e HEV- 4 sono meno patogene per l’essere
umano rispetto a HEV-1 e HEV-2, Sono professionalmente esposti all’infezione
virale veterinari, macellatori ed allevatori di suini(Protetto &
Coll.2016)
Oltre al contatto diretto con i suini,la trasmissione zoonotica del
virus HEV si è verificata anche tramite il consumo di carne di fegato di
cinghiale, cervo contaminate crude .o
insufficientemente cotte ( Mirazo
&Coll.2014),Bouquet & Coll.(2011), Meng & Coll.(2011), Bouquet
& Coll. (2011) Pavio & Coll.,Colson &
Coll.(2010), Deest & Coll,(2007),Masuda & Coll.(2005), Matsuda &
Coll.(2003), Tei & Coll.(2003), Yazaki & Coll. (2001).
Precisamente ,la presenza di RNA HEV è
stata accertata in carni e fegato venduti al dettaglio negli USA (Feagins &
Coll.2007,Olanda) Bouwknegt & Coll.2007; nel Regno Unito (Berto &
Coll.2012), in Italia, Spagna e
Repubblica Ceca (Di Bartolo & Coll;2012), in Germania (Wenzel &
Coll.(2011), in Francia (Berto & Coll.2013) .
Casi di episodi di epatite da HEV
in Francia sono stati riportati da Renau & Coll,(2014).Sempre in Francia
Pavio & Coll.(2014)hanno identificato RNAHEV nel 3-30 % di quattro
differenti preparazioni di carne suina a
base di fegato: 1) fegatelli con fitone; 2) fegato salato essicato; 3) quenelle e pasta di
quenelle; 4)salsicce fresche o essiccate. Tutti questi prodotti sono stati consumati crudi o
insufficientemente cotti. Il virus è inattivato dal calore a 71°C per 20 minuti
e la cottura a temperatura inferiore ha originato 70 casi di HEV in soggetti
che avevano consumato carne di suina cotta allo spiedo, sempre nella stessa
nazione (Guillois & Coll.2015).
Infine ,in Germania, Szabo & Coll.(2015) hanno
identificato il genoma di HEV nel 20% di salsicce di fegato crude e nel 22% in
salami di fegato. Le sequenze evidenziate hanno dimostrato un’ampia diversità
riconducibile a vari subtipi di HEV3. Per
quanto riguarda la diffusione dell’epatite E
nella UE , Aspinar & Coll. (2017) hanno descritti ed elencati i casi
di HEV umani registrati in 20 paesi Europei dal 2005 al 2015,accertando un aumento del numero dei casi diagnosticati
da 516 casi per anno nel 2005 a 5167 casi nel 2015 ,sottolineando inoltre che
solo 20 su 30 dei paesi oggetto della
ricerca effettuano un sistema specifico
di sorveglianza.
IV Precisazioni sulla trasmissione del virus HEV dalla carne
e prodotti derivati agli umani.
La trasmissione del virus della epatite E è stata attribuita al consumo di carni e fegato crudi o insufficientemente
cotti e a prodotti di salumeria a base di fegato crudo, anch’esse consumata
senza o insufficiente trattamento termico. Per gli altri numerosi prodotti di
salumeria la situazione è diversa. Nei prodotti di salumeria stagionati per da
12 mesi in poi (prosciutti, prosciutti di spalla ,capocolli, culatello e culaccia) i virus
animali l’HEV sono inattivati e non esiste rischio alcuno di infezione. La
stessa affermazione vale per i prodotti cotti i cui trattamenti termici
per gradi di temperatura di cottura e per la sua durata garantiscono la loro
salubrità al consumo. Per altri tipi di salumi
con stagionatura più breve non si posseggono dati sebbene non siano mai
stata evidenziata alcuna correlazione tra loro consumo ed epatite. Considerando
la presenza di NO negli impasti di salame formato dalla riduzione del nitrato e dalla
dismutazione del nitrito e la sua capacità di inattivazione di alcuni
virus come l’herpes simplex (Croen
1993),virus delle encefalomiocardite (Guiilemond & Coll.1996) e virus
influenzali (Mac Mullin 2012) è lecito supporre una sua capacita inattivte i virus
HEV- Non si deve dimenticare, inoltre, che le fonti di contagio possono essere
anche acqua contaminata, molluschi e carni crude di cervo e di
cinghiale. I dati
sulla sopravvivenza dei virus devono essere interpretati con cautela. Alcuni
virus, compresi il norovirus umano, che è responsabile di un’ampia percentuale
di infezioni virali alimentari non sono ancora coltivabili in vitro e notevole
difficoltà di crescita in terreni
colturali in vitro è propria dei virus
HEV. Inoltre la determinazione di questi virus è usualmente eseguita da metodi
PCR per la identificazione nel campioni di RNA o DNA virali, ciò può dimostrare
che un virus è stato presente nel
campione, ma non prova che il virus sia infettante.
Riassunto
Sono riportati i tempi di sopravvivenza citati nella letteratura
specifica di virus animali e di HEV
zoonotico in carni suine, fegati e prodotti derivati. Sono altresì indicate le
temperature e i tempi di inattivazione dei virus.
SUMMARY
Virus survival in pig meat and
derived products
Survival virus times mentioned in the
specific literature of animal viruses and HEV virus which are found have in
meat, livers and derived products have been reported. Also the times and
temperatures for they inactivation have been indicated.
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